-FULGUR (44°19’38.9”N 8°30’16.3”E)- Quando la stampa 3D aiuta l’arte.
Questo sabato, ore 18.00 a Genova presso lo Spazio 46, Palazzo Ducale, sarà inaugurata la mostra FULGUR (44°19’38.9”N 8°30’16.3”E) di Mauro Panichella.
Mauro Panichella ci ha chiamato ai primi di ottobre:
Astrati, buongiorno.
Ho un file stl, potete stamparlo?
Certo, ci venga a trovare in studio da noi, siamo in Canneto il Lungo 23.
Al contrario di quello che fanno i siti on-line di stampa dove carichi un file e loro ti mandano a casa l’oggetto stampato, noi vogliamo vederli i nostri clienti, parlarci, sapere perché desiderano che un loro progetto venga realizzato in tecnologia additiva, capire con loro con quale tecnologia additiva è meglio stampare e quali materiali sono i più idonei.
Mauro Panichella è arrivato da noi con un file contenente la scansione di un cranio di capodoglio.
Per prima cosa abbiamo reso il file adatto alla stampa.
Successivamente, sotto la guida dell’artista, abbiamo apportato qualche modifica alla mesh (al disegno 3D) per renderlo più aderente a ciò che desiderava.
A quel punto il file era pulito e pronto per la stampa, bisognava scegliere quale tecnologia utilizzare in relazione alla resa finale e all’utilizzo che bisognava farne. Abbiamo mostrato al nostro cliente diversi materiali per fargli scegliere, appoggiandolo con la nostra consulenza tecnica, quello che lui riteneva più idoneo. La sua preferenza è andata a una resina bianca che ricorda la cera.
Abbiamo stampato 4 riproduzioni in scala del cranio del cetaceo che verranno esposte alla mostra di Palazzo Ducale.
Da dove arriva questo osso stupefacente?
Gli chiedo, a furia di maneggiare le riproduzioni mi sono affascinata a queste forme inconsuete, alla porosità dell’osso che la stampa ha riprodotto in maniera incredibile.
Da Albissola, il paese dove ho lo studio. Era di un pescatore che me lo ha ceduto per farne un’Opera d’Arte.
Il Mar Ligure è compreso in un quadrilatero di Mar Mediterraneo protetto, il cosiddetto “santuario dei cetacei”. La storia della persecuzione dei capodogli ha a che fare con la storia dell’uomo e con la sua antica necessità di vivere lontano dall’oscurità. (…) Dopo la scoperta della luce elettrica, finalmente l’uomo poteva vedere attraverso l’oscurità con un mezzo che non fosse effimero e che non comportasse l’utilizzo dello spermaceti (quello conosciuto comunemente come olio di balena) o del petrolio. Solo nella lingua italiana esiste una parola che mette in relazione la balena e l’elettricità. Tale parola significa “fulmine” ma è anche sinonimo del manifestarsi improvviso di un evento straordinario, come la schiena di una balena che compare sul filo dell’acqua: baleno.
Ed è proprio da un incontro improvviso e straordinario che nasce l’opera “FULGUR”, che sarà esposta il 17 dicembre presso lo Spazio46 di Palazzo Ducale. Alcuni dei progetti che documentano il processo che ha portato alla realizzazione di quest’opera sono esposti da Unimediamodern fino al 10 gennaio.
In occasione dell’evento verrà presentato il catalogo “Finds” curato da Caterina Gualco e Antonio d’Avossa (edizioni De Ferrari).cartolina_1
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