Di +Lab ne avevamo già parlato nel post sulla conferenza di Carrara indetta dall’AITA. Al Technology Hub di giugno ho incontrato l’ing. Gabriele Natale, un ragazzo sui venticinque anni, di Lecce, iscritto ad Ingegneria al Politecnico di Milano. Qualche tempo fa, questo ragazzo leccese ha presentato alla professoressa Levi il suo sogno di costruire lo scafo di una nave in tecnologia additiva, ovvero stampandolo direttamente in 3D.
– Si è già fatto! mi direte.
Certo, se si pensa alle barca stampata da Jim Smith con 28 mattoncini simili alla lego o alla pussy-boat di
Megumi Igarashi stampate in abs con tecnologia fdm, o alla Livrea 26, la figlia del vento, stampata in windform, un materiale composito a base di nylon caricato a carbonio stampato in sinterizzato laser.
Ma la cosa che distingue questi natanti da un natante costruito tradizionalmente è l’assenza di fibra lunga. Ancora più in generale quando si parla di materiali per la stampa 3D si parla sempre ed esclusivamente di materiali a fibra corta: il carbonio non è fibra di carbonio ma polvere di carbonio, il caricato vetro è con polvere di vetro e non con fibra di vetro, il kevlar è polvere di kevlar mescolato a materiali plastici e così via.
Quello che ha cercato e trovato Gabriele Natale insieme ai suoi colleghi di “3D compositi di stampa”, un ramo di + LAB, è una stampante che estrude la fibra lunga per realizzare una barca con una resa e una capacità del tutto similare a una barca costruita tradizionalmente.
La nuova tecnologia recentemente brevettata da +Lab si chiama: CFCSM! Lo so, non ha neanche una vocale e mi vedo i brillanti ingegneri del politecnico che al mattino si prendono il cappuccio:
-Ci CFCSMmiamo oggi?
Comunque il suo nome completo è ” Continuous Fiber Composite Smart Manufacturing” e unisce la tecnologia FDM (quella a estrusione di filamento) con la Stereolitografia (ovvero la polimeralizzazione della resina attraverso un laser. In questo processo le fibre lunghe vengono raccolti in bobine, imbevute di resina fotoattiva liquida e convogliate nella testa di un estrusore. L’estrusore possiede una corona di laser che polimerizzano (induriscono) la resina. A questo punto è il filo indurito che si tira a se il restante filo e quindi potremmo dire che il filo non viene estruso ma tirato.
Un’altra innovazione importante della CFCSM è che l’estrusore è montato su un braccio a 9 e più assi superando quindi la concezione del layer a un’unica direzione (elemento di fragilità notevole della tecnologia additiva tradizionale). Il risultato è un manufatto ad alte prestazioni , in grado di sopportare carichi pesanti senza collassare come si può vedere da questo filmato.
L’Ing. Gabliele Natale mi ha portato nel retro dello stand di +LAB e mi ha mostrato l’oggetto che in questo momento gli sta più a cuore: lo scafo di una piccola barchetta lunga 7 cm.
-L’idea è quella di poter costruire l’anima dello scafo in 3D e poi poterla rivestire con i metodi tradizionali. L’estrusore è stato brevettato, ora ci vorranno un paio di anni di sperimentazioni.
Rimettendo via il suo gioiellino accuratamente avvolto nella carta e poi riposto in una borsa.
-Se poi non funziona me ne ritorno a Lecce e apro un baracchino.
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